In queste giornate di convulso dibattito politico in vista del confronto elettorale del 24 e 25 febbraio, sono passate senza alcun puntuale commento le notizie relative a due gravissime sentenze: il secondo “no” del gip di Taranto sul dissequestro dei prodotti di Ilva accatastati sul piazzale del porto e la definitiva sentenza del processo civile di Palermo sull’incidente aereo di Ustica.
Nel primo caso il reiterato diniego di ubbidire alla legge vigente del gip di Taranto richiede un immediato intervento della procura di Potenza affinché, in attesa della pronuncia della Consulta, sia ripristinata la legalità in quella città. Ciò consentirebbe a Ilva di commercializzare i prodotti sequestrati del valore di 1 miliardo di euro per procedere alla bonifica del sito e alla ripresa produttiva almeno parziale dello stabilimento. Questo si aspettano i 15 mila lavoratori direttamente interessati e l’intero sistema industriale italiano. Ma a chi fa i dispetti quella giudice? I giudici sono soggetti soltanto alla legge – recita il 101 della Costituzione. Per l’appunto devono ubbidire alla legge vigente e questa dice chiaramente, anche se la giudice la contesta, che il dissequestro va fatto.
Il secondo caso è ancora più eclatante, in quanto il tribunale civile di Palermo, con avallo della terza sezione civile della Cassazione, ha emesso una sentenza basata su semplici indizi riportati dai media, che condanna lo Stato italiano a pagare 110 milioni di euro ai familiari delle 81 vittime della tragedia, in aggiunta a quanto già lo Stato ha sborsato per gli indennizzi dovuti, che ammontano a oltre 50 milioni di euro. Questa sentenza – quanto meno anomala – non ha tenuto per niente conto delle precedenti sentenze penali a cui erano pervenuti il tribunale di Roma e la stessa Cassazione già nel 2005, basate su l’unica perizia tecnica completa effettuata dai massimi esperti internazionali di disastri aerei, che ha assolto con formula piena i generali dell’aereonautica Bartolucci, Ferri e gli altri 79 ufficiali, accusati di alto tradimento.
Ha ragione chi dice: “se non amassi tanto l’ Italia mi trasferirei in un paese razionale”.