Gazzetta del Sud
Napolitano ha gestito da gran signore le consultazioni e , agendo con rapidità, ha respinto le dimissioni di Prodi, rinviando il Governo alle Camere. I dodici punti del nuovo programma costituiscono in verità una “rimodulazione” di quello elefantiaco delle elezioni politiche del 2006. Ma allora non è successo niente?
Perché il Senato non ha dato la fiducia al Governo? Ci sono evidenti ragioni della sfiducia.
Nei nove mesi di governo si sono trascurati argomenti vitali per la vita pubblica mentre ci si è accapigliati su temi secondari e spesso conditi di salsa ideologica.
Era del tutto ovvia la reazione dell’opinione pubblica, che, a leggere i sondaggi, condanna senza riserve alcune scelte governative, volute dalla cosiddetta sinistra radicale, che hanno fatto crollare la popolarità del Premier e ancor più della coalizione.
L’imprudente manifestazione paragovernativa di Vicenza contro l’ampliamento della base NATO ha destato preoccupazione in tutte le capitali del mondo occidentale. La percezione internazionale della politica estera dell’Italia, volenti o nolenti Prodi e D’Alema, ha subito un grave colpo; e non è un caso che il Governo sia caduto su una mozione di politica estera presentata dal suo esponente più popolare.
La credibilità dell’Italia a Washington, a Londra e a Berlino si è ridotta al lumicino.
E dire che fino al giorno della manifestazione di Vicenza l’Italia aveva ottenuto il plauso di molte cancellerie per la sua politica autonoma e rispettosa delle regole internazionali.
A ciò si è aggiunta l’infelice decisione di approvare un disegno di legge governativo e non parlamentare sui diritti dei conviventi (Dico).
Dico e Vicenza insieme sono diventati miscela esplosiva. I nostri strateghi non si sono resi conto che anche in una “guerra politica” è preferibile combattere su un solo fronte.
La crisi aperta va chiusa però con la massima celerità. Ma essa si può superare solo se
il significato reale dei dodici punti di Prodi riesca anche a convincere altre forze parlamentari a unirsi all’Unione. Alcuni dei punti sono chiari altri meno.
Ad esempio il punto numero tre: “rapida attuazione del piano infrastrutturale e in particolare, dei corridoi europei (compresa la Torino – Lione). Impegno sulla mobilità sostenibile”, può significare tutto ed il contrario di tutto. Va chiarito che i corridoi europei che attraversano l’Italia sono tre. Il numero otto che attraversa Bari, il cinque, di cui fa parte la Torino-Lione, il numero uno Berlino- Palermo, che vuol dire TAV anche tra Salerno e Palermo e che presuppone la costruzione del ponte sullo stretto di Messina, già appaltato.
Infatti l’impegno per una mobilità sostenibile significa privilegiare il treno e l’aereo rispetto agli autoveicoli su strada e io dico rispetto anche alle navi in un futuro lontano.
Ma allora l’attenzione al Mezzogiorno significa TAV in Calabria e Sicilia.
Il punto sette sui costi della politica si affronta seriamente oppure ci si limita a quel che propone un simpatico deputato di rifondazione comunista, e cioè all’autoriduzione dell’indennità parlamentare?
on. Aurelio Misiti
deputato di Italia dei Valori
www.aureliomisiti.it