Gazzetta del Sud, 17 maggio 2009
Gli emendamenti già presentati alla camera potrebbero avere un percorso accidentato
di Aurelio Misiti
Ribadisco la volontà assoluta di battermi per realizzare subito la città metropolitana dello Stretto per imprimere una spinta sostanziale allo sviluppo della Calabria e della Sicilia. I percorsi da seguire possono essere diversi e in tale ottica ho presentato un emendamento che ci avrebbe portato direttamente all’arrivo senza lunghi passaggi intermedi.
Il percorso più lungo è stato seguito da altri due emendamenti, uno a prima firma Maria Grazia Laganà (Pd), da me pure sottoscritto, e un altro a prima firma Italo Bocchino (Pdl) identico, tutti e due approvati dalle Commissioni, che aggiungono il solo nome di Reggio Calabria alla lista di città già in aree metropolitane, dove, attraverso la procedura prevista dalla stessa legge, si potrà istituire una città metropolitana.
Se gli emendamenti Laganà e Bocchino venissero approvati dalla Camera e poi da Senato, si avrebbero due aree metropolitane: una già costituita nella parte siciliana intorno a Messina e l’altra approvata dal Parlamento nazionale intorno a Reggio. A questo punto io sostengo che andrebbe modificato lo Statuto delle Autonomie, per consentire così la costituzione della città metropolitana dello Stretto e unire in pratica le due province di Reggio e Messina in una città metropolitana di oltre un milione di abitanti, eliminando le due province, con notevoli risparmi e altri vantaggi.
Attenzione, però, all’aula di Montecitorio, che potrebbe respingere l’emendamento delle Commissioni, visto che il Governo non si è rimesso alla volontà della maggioranza dei deputati, a meno che non risulti con chiarezza che lo scopo finale non è la istituzione della città metropolitana di Reggio Calabria, ma quella dello Stretto.
È urgente un chiarimento in tutti i partiti, compreso Idv, per ribadire che non si tratta di una visione localistica o di parte, ma di un passo decisivo verso la costituzione di uno strumento fondamentale di progresso e sviluppo del Mezzogiorno d’Italia. L’articolo 22 del disegno di legge sul federalismo fiscale, infatti, fissa le norme transitorie per l’istituzione delle città metropolitane. In esso si dice: «Le città metropolitane possono essere istituite, nell’ambito di una regione, nelle aree metropolitane in cui sono compresi i comuni di Torino, Milano, Venezia, Firenze, Bari e Napoli». Messina, Palermo e Catania, con una legge approvata dall’Assemblea regionale siciliana, sono state già collocate nelle rispettive aree metropolitane.
Con la modifica del Codice delle Autonomie si potrebbe raggiungere l’obiettivo. Le norme transitorie del ddl prevedono che la proposta di istituire una città metropolitana spetta ai Comuni capoluogo assieme alle Province; se le Province non deliberassero, possono essere sostituite da almeno cinquanta Comuni. È necessario poi, entro 90 giorni, il parere della Regione.
Le città metropolitane possono comprendere le intere province o parte di esse e si articoleranno in Comuni. Va presentata una bozza di statuto e infine si indice un referendum. Se il referendum avrà esito positivo, dopo l’approvazione della legge organica sull’argomento, si costituirà la città metropolitana e si aboliranno le corrispondenti Province. Alla città metropolitana saranno attribuite tutte le attuali funzioni delle province e in più le tre seguenti: la pianificazione territoriale generale e delle reti infrastrutturali; la strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici; la promozione e il coordinamento dello sviluppo economico e sociale.