Il Quotidiano della Calabria
Le persone di buon senso non riescono a condividere il piagnisteo di coloro che vedono sempre sciagure.
In Calabria il nuovo si sta manifestando proprio nella piana di Gioia Tauro.
Questo territorio pianeggiante, frutto di intensa attività alluvionale di due sistemi idrici importanti come il Mesima e il Petrace, dopo secoli di basso sviluppo, tenuto come fertile feudo dall’aristocrazia napoletana, si affaccia con nuovo cipiglio all’alba del terzo millennio cristiano.
I suoi abitanti, per tanto tempo sono stati considerati sudditi, spesso ribelli, dalle baronie del Regno di Napoli e delle Due Sicilie.
Le lotte contadine, le emigrazioni e i ritorni del dopoguerra, lo sviluppo endogeno della cultura umanistica e scientifica, nella tradizione tracciata dai grandi calabresi del passato, come Pitagora e la sua scuola, i giuristi locresi, Tommaso Campanella, Bernardino Telesio, Gioacchino Da Fiore, Pasquale Galluppi, Corrado Alvaro, Leonida Repaci, Francesco Cilea, Fortunato Seminara e tantissimi altri, costituiscono il terreno su cui sta avanzando il progresso di un popolo.
In appena cinquant’anni ad esempio: in un piccolo borgo di braccianti agricoli con cinquemila abitanti (erano la metà nel 1951) da due soli laureati, ambedue giunti al vertice dell’amministrazione dello Stato, si è passati in media ad un laureato per famiglia.
E nonostante si arriva con difficoltà da bracciante a piccolo imprenditore, in molti affrontano il salto e tra essi numerosi ci riescono.
Tantissimi di loro sono divenuti operai e tecnici altamente specializzati nel lavoro ultra moderno in atto nel grande porto di Gioia Tauro.
Le potenzialità di questa struttura sono sfruttate solamente al 10 per cento eppure il polo industriale è in gran movimento.
Non solo logistica e servizi portuali ma oggi è concreta la prospettiva ravvicinata della costruzione di un rigassificatore con relativa industria del freddo, che insieme alla costruenda centrale termoelettrica di Rizziconi, renderà competitiva ogni attività industriale, basata su alti consumi energetici.
Da notare che gli investimenti nel settore non hanno avuto alcun aiuto di Stato.
Poi vi sono i servizi essenziali, anch’essi produttivi.
Il sistema idrico potabile fognario e depurativo si presenta con un buono standard di qualità, che va innalzata ancora attraverso la soluzione del problema della depurazione delle acque nere provenienti dai frantoi oleari.
Senza più scarichi abusivi si avrà una depurazione moderna come in tutte le città del Continente.
Stiamo parlando quindi di una città della Piana, di 180.000 abitanti, con 32 municipi immersi nel verde sempre più intergrati tra loro. Tanto è vero che pure i rifiuti solidi vengono gestiti con una visione industriale ed unitaria.
La società Piana Ambiente, con tutti i suoi limiti iniziali, può divenire una buona azienda a cui andrà affidato l’intero ciclo integrato dei rifiuti, dalla raccolta al trattamento finale.
Vi è poi il nodo Agricoltura. In questa piana i coloni greci e i loro discendenti hanno impiantato gli uliveti più belli e maestosi del mondo.
Nemmeno nella loro madre patria greca sono riusciti a fare altrettanto. Oggi quelle piante centenarie e millenarie, oggetto di attenzione dei ricchi di mezzo mondo, che le vorrebbero nel proprio giardino, vanno difese, accudite e rese anche fattrici di olio di alta qualità.
L’attuale tecnologia può garantire questo, basta usare sapienza e managerialità.
L’agrumicoltura va, invece, trasformata per migliorare la qualità degli aranci, dei mandarini, e dei limoni, occupando minore superficie e producendo finalmente anche per il mercato ortofrutticolo interno ed esterno alla Regione
Infine vi è la ricchezza infinita delle foreste del limitrofo e incombente parco dell’Aspromonte, che va considerato come il bene naturale più rilevante da inserire nel mercato del turismo anche archeologico, insieme ai territori della Locride in un ideale percorso Magnogreco da Locri-Epizefiri a Medma e Taurena.
Quindi la città della Piana non come la descrivono i catastrofisti e i fannulloni, che vedono sempre nello sviluppo il diavolo da evitare, sognando un ritorno al Medioevo.
Si tratta allora di finirla con la richiesta di assistenza e di sviluppare le nostre realtà produttive, considerando la modernità, controllata dal punto di vista ambientale, semplicemente un bene.
on. Aurelio Misiti
deputato di Italia dei Valori
www.aureliomisiti.it