LA SINISTRA IN MEZZO AL GUADO
Manca un progetto organizzativo o un progetto politico?
I risultati elettorali favorevoli alla destra, alcuni dei quali eclatanti – come a Mantova – hanno aperto un dibattito a tutti i livelli nelle organizzazioni politiche che si collocano in quel contenitore che ancora viene chiamato centrosinistra. Gli elettori hanno percepito le divisioni e le rotture, il fuoco amico e la mancanza di unità interna. Ma su ogni altra cosa avvertono la più evidente tra le carenze, su cui non ci si vuole fermare: la mancanza di un reale progetto politico, che distingua nettamente gli obiettivi progressisti da quelli conservativi delle destre italiane.
Si è favorito così il fenomeno dell’astensionismo e in qualche caso il rifugio in gruppi protestatari (Grillo) e financo nel leghismo più becero. Se tutto questo è vero, leggendo i risultati complessivi delle elezioni, il tema non è il partito regionale o centrale ma quello di formulare un progetto che contenga una credibile proposta politica alternativa, funzionale a un sistema democratico del potere e in opposizione al sistema di potere antidemocratico che è il valore fondante dei gruppi maggioritari del centrodestra.
Dopo la proposta politica, l’organizzazione regionale va bene, ma va altrettanto bene quella tradizionale. Se si continua nelle attuali diatribe tra questioni organizzative e personalismi vari, le sconfitte ci saranno almeno fino a quando i cittadini non toccheranno con mano che dal centrodestra non saranno risolti i lori problemi ma quelli di alcuni gruppi privilegiati. Ma dovranno passare almeno tre anni.
LE CONTRADDIZIONI DEI MODERATI
È giusto lasciare il Sud in mano a chi l’ha spolpato?
Premetto di condividere molto della politica dell’UDC in campo nazionale, specialmente in tema di riforme e di economia. Non riesco invece a capire come faranno gli amici Gino Trematerra e Franco Talarico a conciliare queste politiche praticate in Parlamento dal proprio partito in difesa del Mezzogiorno (fondi FAS, politica del credito, federalismo alla padana) con gli opposti programmi del centrodestra, che pure saranno costretti ad appoggiare in Calabria. Le contraddizioni non potranno che esplodere sui problemi concreti.
Agli amici dell’UDC calabrese non resterà che l’opposizione interna alla coalizione di destra e il dialogo serrato con il centrosinistra per preparare l’alternativa per il prossimo quinquennio, visto che l’UDC in Calabria ha disponibile una classe dirigente giovane e preparata, adatta a sostituire le destre.