Gazzetta del Sud
Sulla stessa onda del ministro Di Pietro è il parlamentare dell’Italia dei Valori Aurelio Misiti, già presidente del Consiglio superiore dei Lavori Pubblici, organismo tecnico che per primo avallò il progetto del ponte.
“Chiariamo subito – afferma Misiti – che ancora non è stato abolito proprio nulla. Il percorso è ancora lungo. Tutto è rimandato alla volontà del Parlamento dove faremo valere le posizioni più giuste. Pertanto confido nella saggezza dei senatori, di qualunque colore politico siano, perché in Aula a Montecitorio ci penseremo noi. Anzi non ci si arriverà neanche perché l’emendamento sarà bocciato già in Commissione”.
Eppure chiudere la Stretto di Messina è una decisione collegiale del governo.
“Governo o no, io ritengo che proprio oggi sono mature le condizioni per rilanciare il progetto e quindi la costruzione del ponte. Perché la politica dissennata che è stata portata avanti in questo periodo nel voler combattere l’ammodernamento delle infrastrutture italiane, prima fra tutte la realizzazione del Corridoio 1, è una politica che sta mostrando i suoi limiti ed è respinta da tutti, aldilà del colore politico”.
Onorevole, ma lei siede ancora con il governo o no?
“La questione non è in questi termini, perché rispetto all’importanza che il progetto del ponte assume per il Mezzogiorno e per l’intero Paese, sia nella maggioranza che nell’opposizione ci sono le forze sufficienti per contrastare chi non vuole il ponte. Ed è già chiaro che chi dice no al ponte sta per essere sconfitto”.
Ma chi dovrebbe costruirlo, lo Stato o i privati?
“Lo Stato può avere una funzione importante, ma la forza vera è dei privati che hanno tutto l’interesse a far sviluppare il Mezzogiorno, e il ponte, parte integrante del Corridoio 1, è l’unica risorsa che può essere utilizzata per incrementare il Pil e lo sviluppo”.
Intanto i fondi di Fintecna non ci sono più…
“Li hanno stornati e hanno sbagliato, anche perché erano fondi di investimento che andavano messi a reddito, e invece così saranno spesi per altre opere, senza ritorno. Ma non vuol dire che senza i fondi di Fintecna il ponte non si può più fare. La stessa Regione Siciliana ha pensato di investire nel ponte, e non è detto che la Calabria non faccia altrettanto. Per questo la Stretto di Messina deve continuare a vivere, magari rinunciando al personale che non ha un ruolo in questo momento, ma il vento cambierà. Possiamo stare tranquilli”.
Lei lascerebbe in piedi la Stretto di Messina, mentre manda a casa il 70% delle amministrazioni provinciali. Se passasse il suo emendamento così come l’ha presentato, Vibo e Crotone sparirebbero. Non crede di giocare con il fuoco?
“Non solo Vibo e Crotone, mi creda. Io trovo giusto che si risparmi nella spesa corrente, mentre bisogna investire nelle opere pubbliche. Magari a Crotone e a Vibo non saranno contenti, ma sappia che le mie proposte sono sempre espressione del territorio”.
Si sente già in campagna elettorale?
“No, perché non si vota. Se c’è crisi, si andrà ad un nuovo governo. Ma oggi nessuno, né a destra né a sinistra né al centro, ha voglia di tornare a votare. Se ne parlerà nel 2009”.
Teresa Munari