Nell’Idv troppo furore giustizialista
Misiti: i magistrati in politica sono solo palliativi
Aurelio Misiti, deputato ed ex responsabile in Calabria, spiega in una intervista al nostro giornale la sua decisione di dimettersi da Italia dei valori: “Con l’ingresso di De Magistris e del suo gruppo di estremismo giustizialista che vuole sostituirsi alla classe dirigente del partito, Di Pietro ha assunto a sua volta, sbagliando, posizioni sempre più estremiste per difendersi. In Calabria, invece, si continuava a portare avanti la linea della concretezza e della moderazione politica. Perciò non potevo più restare”. Il deputato spiega ora di guardare con attenzione ai gruppi politici meridionalisti e di sperare nel federalismo per responsabilizzare la classe dirigente locale.
Italia dei valori, a livello nazionale, vive giorni agitati. Antonio Di Pietro potrebbe perdere il partito che ha fondato e che alle elezioni da più di dieci si presenta con una lista che porta il suo nome. C’è aria di fronda interna. Il leader in ascesa sembra l’ex pm Luigi De Magistris. Ma c’è anche un capovolgimento di linea politica. Da quella concretezza ruspante basata ‘sul fare’, contro le chiacchiere del ‘politichese’ e del ‘non fare’, che hanno caratterizzato il Di Pietro ministro dei Lavori pubblici e delle Infrastrutture, sotto i governi Prodi, il partito si sta avvinghiando su posizione sempre più meramente politiche e sempre più antiberlusconiane.
Una vera deriva, secondo il deputato Aurelio Misiti. Un cambio di rotta che lo ha spinto a dimettersi dal partito. E in questa lunga intervista corale al nostro giornale l’ex responsabile regionale di Idv spiega tutte le sue ragio- ni. Ma non solo, indica anche la strada che la Calabria dovrebbe seguire per uscire dalle secche e ribellarsi al Governo nazionale di matrice leghista ed antimeridionalista: il federalismo. E non solo quello fiscale. “Con le nostre miserie, costruremo le nostre ricchezze”, dice Misiti.
Misiti, con Di Pietro ed Italia dei valori lo strappo c’è stato?
“Sì, lo strappo c’è stato”.
E che cosa lo ha determinato?
“Si è aperto un ditacco tra la politica del partito nazionale e la politica del partito regionale, che ha continuato ad essere un partito realistico mentre a livello nazionale è stata presa un’altra strada”.
E da quando?
“Caduto il Governo Prodi si è scivolato verso posizioni sempre più qualunquiste, giustizialiste ed estremiste. Nel triennio precedente, invece, è stato portato avanti un lavoro molto intenso per la costruzione di un partito nuovo che da circa il 3 per cento è arrivato al 9,1 per cento”.
Merito di che cosa?
“In Calabria è stato merito di una ristrutturazione basata sui rapporti con il territorio e sulla crescita in ogni comune della nostra regione. Ma Italia dei valori nei tre anni precedenti non è cresciuta solo organizzativamente. Il partito ha vissuto su una linea programmatica della concretezza e di politica del fare. Erano tipiche anche di Italia dei valori nazionale e di Di Pietro. Ciò, come detto, fino alla caduta del Governo Prodi”.
Poi che cosa è successo?
“Di Pietro ha assunto posizioni sempre più estremiste. E la forbice si è allargata dopo le elezioni europee in cui si è introdotta anche l’altra ala giustizialista portata avanti da De Magistris. L’ex pm rappresenta, infatti, un gruppo ben individuato di estremismo giustizialista che ruota intorno ad ‘Anno Zero’, Travaglio, Sonia Alfano, Vulpio e l’ideologo Flores D’Arcais. Questi signori hanno costituito un gruppo di fatto collegato con Grillo; con l’obiettivo di sostituire tutta la classe dirigente del partito e del Paese. Non risparmiando nemmeno Di Pietro, anzi per primo Di Pietro”.
Ma perché allora Di Pietro se li è imbarcati questi signori?
“Ma perché ha ritenuto che la cosa più importante era aumentare di uno, due punti percentuali il consenso di Italia dei valori per potersi presentare al Pd e dire: io sono forte”.
Sta dicendo, però, che ora De Magistris ed il suo gruppo stanno cercando di scalzare Di Pietro dal partito che ha fondato…
“Sì e Di Pietro se ne è accorto. Ma tende a contrastare questo attacco, ed è qui il suo errore, non basando la controffensiva sulle persone e sulla linea politica concreta che ha visto crescere Idv, ma cercando di inseguire costoro sulla linea estremista. Tanto è vero che lo stesso Di Pietro va dichiarando che sono fratelli siamesi con De Magistris. Epperò il prossimo congresso di Idv, che si dovrebbe fare in febbraio, un mese prima delle elezioni, è evidente che Di Pietro lo ha voluto proprio per difendersi da De Magistris. Si elegge solo il presidente ed il tesoriere. E basta. Mai visto un congresso del genere. Senza documenti politici, senza linea politica. Di Pietro vuole ribadire: sono io il padrone”.
E De Magistris?
“In una recente intervista a L’espresso si professa studioso del marxismo, appassionato di Berlinguer ed elettore del Pci, e che a Di Pietro, che arriva da una cultura popolare e contadina, lo accomuna la volontà di eliminare le diseguaglianze. Ma De Magistris dice anche che il congresso lo dominerà lui, perché quando dice una parola lui, che ha preso tanti voti, viene ascoltato ed è automatico ubbidirgli. Addirittura va dicendo che con lui Idv può diventare il primo partito di opposizione: è scritto sul sito di Italia dei valori Calabria. Di Pietro allora pensa di difendersi diventando ancora più estremista e stipula accordi con Rifondazione comunista per manifestazioni antiberlusconiane”.
L’antiberlusconismo non è una novità per Di Pietro…
“Io vedo le manifestazioni politiche sempre, certamente, come protesta, ma soprattutto di proposta. E fare manifestazioni insieme a Rifondazione comunista con slogan soltanto antiberlusconi, si fa esattamente quello che vuole Berlusconi. Io, addirittura, ritengo che Berlusconi è contento e sostiene la presenza di Travaglio, di De Magistris e di Di Pietro nelle trasmissioni tv; perché è l’unico modo per lui di ridurre al silenzio e ridimensionare il vero oppositore del governo di centrodestra che dovrebbe essere il Partito democratico. E, diciamo così, alimentare il qualunquismo e l’estremismo che non hanno mai avuto successo nel nostro Paese”.
Quindi, la sua permanenza all’interno di Idv non era più possibile?
“Queste ragioni hanno portato alla mia lettera di dimissioni da segretario regionale e alla reazione un po’ violenta, verbalmente, di Di Pietro sul suo blog. Il contrasto si è visto netto, ma è un contrasto di linea politica: lui ha tradito la linea politica che ha consentito ad Idv di crescere.
Quindi, lungi dall’essere io a dimettermi dal Parlamento dovrebbe essere lui a farlo, con quei pochi che l’hanno seguito su questa linea. Ho voluto divorziare da una posizione ormai non più condivisibile da parte mia e dal corpo del partito”.
Sta dicendo che in molti la seguiranno?
“Sto solo dicendo che la maggioranza assoluta dei parlamentari di Idv la pensa come me. Io ho scritto l’altro giorno l’80 per cento e mi hanno corretto: guardate siamo il 90 per cento. Di Pietro è stato sempre in minoranza quando abbiamo votato. Come sulla linea politica sul presidente Napolitano: 26-27 voti contro tre. E sulla missione in Afghanistan lo stesso. Di Pietro si è trovato sempre in compagnia di Arlacchi e qualche altro rivoluzionario, tipo Barbato; mentre la stragrande maggioranza dei deputati e senatori è stata sempre sulla linea della concretezza e su una linea moderata, liberaldemocratica. Ora si è passati ad una linea estremistica, che contrasta anche con l’iscrizione del partito al gruppo europeo dove siamo tra i liberali”.
Ed il crotonese Luigi Li Gotti su che posizioni sta?
“Il senatore Li Gotti ha più volte sottoscritto ed avuto posizioni molto vicine alla mia. Quindi io mi auguro che anche Li Gotti si unisca alla battaglia per il cambiamento vero della politica in Calabria”.
Lasciamo le beghe di Idv e passiamo alla nostra regione: qui in Calabria la politica cambierà mai?
“Beh vede, la politica in Calabria è condizionata fortemente da una classe dirigente che è frutto solo di uno spicchio della società calabrese. Negli ultimi 35 anni, da quando è stata istituita la Regione, anche se sono nate le università calabresi, c’è stata l’emigrazione dei cervelli al 70-80 per cento. Quindi è rimasta una piccola parte dei giovani migliori. E sono rimasti quelli che poteva- no rimanere senza lavoro. Che erano ricchi di proprio. È stato un depauperamento totale della società calabrese che ora esprime una classe dirigente a sua volta depauperata. Perciò è raro che ci siano uomini che possano essere all’altezza di dirigere una Regione. E quando se ne trova qualcuno viene pure ostacolato perché la media degli altri è molto bassa”.
Le nuove generazioni continuano ad emigrare: allora non c’è speranza!
“La politica in Calabria cambierà man man che ci sarà uno sviluppo economico più adeguato. Ma bisogna anche cambiare la mentalità. Fare in modo che non si attenda l’assistenza dal nord, che i problemi ce li risolvano gli altri, ma li risolviamo da noi. Per questo io mi sono battutto affinché il federalismo, anche se solo fiscale, fosse attuato. Ci devono lasciare con le nostre miserie per poter diventare ricchi. Se continuiamo a pensare che siano gli altri che ci possono fare arricchire… rimarremo sempre ad aspettare qualcuno”.
Lei sosteneva la ricandidatura di Loiero, cosa pensa della candidatura di Callipo appoggiata ora da Italia dei valori?
“De Magistris si è svegliato una mattina, è andato da Callipo e gli ha detto: tu sarai il presidente”.
L’ha scelto lui Callipo?
“Sì. Quattro ore di incontro a casa di Callipo – lo ha detto lui – e Callipo è uscito candidato presidente. Altro che primarie come vogliono fare questi del Pd! E il giorno dopo De Magistris ha detto pure che la legge elettorale approvata in Consiglio regionale è una legge truffa”.
Ma non era stata modificata?
“Certo che era stata modificata. L’abbiamo modificata io e Li Gotti. Abbiamo presentato ai presidenti Bova e Loiero due proposte e sono state accolte entrambe. E quindi è diventata una legge uguale a quella della Toscana, dove Idv la sostiene mentre qui no. Quindi la nostra sarebbe una regione dove non è necessario nemmeno votare, perché ci pensano loro. E in che cosa differisce questa mentalità con Berlusconi, quando dice: al Parlamento mi servono 10-15 persone, il capogruppo vota il resto se ne può andare a casa? È la stessa cosa. Il messaggio è sempre: ci penso io”.
Ma Idv non ha uno statuto che è federale?
“Sì, e addirittura dovevo comandare io qui in Calabria; questi invece fanno e disfano. Il partito non ha mai fatto un congresso nazionale, gli organi quindi sono tutti regionali: se li sono messi sotto i piedi. C’è l’illegalità assoluta all’interno del partito, di un partito che chiede la legalità all’esterno. Questa mi pare la contraddizione più evidente che mi ha portato a lasciare Idv”.
Nel Pdl decide Berlusconi, ma a quanto dice anche negli altri partiti c’è poca democrazia…
“Questa è la ragione per cui la Calabria in quanto tale soffre, perché i partiti sono degli strumenti, ma se non ci sono… La speranza dei calabresi risiede tutta qui”.
E come se ne esce?
“Se si punta sul federalismo, sulle proprie forze endogene, interne, si può avere la ripresa economica. Il federalismo può portare ad un miglioramento complessivo e ad un miglioramento anche dei partiti. E alla sconfitta pure delle forze del male, la criminalità, perché i giovani non sarebbero alla mercé di questi mascalzoni criminali. I giovani sono in cerca di lavoro e con chi gli offre lavoro vanno. E che ne sanno quelli che dietro ad una società si nasconde il riciclaggio dei soldi che vegono dalla Colombia? Ecco perché è giusto che la Calabria faccia da sé. Altrimenti sarà sempre una regione Sudamericana”.
Come giudica le politiche di sviluppo del Governo?
“Nell’ultimo anno la politica del governo Berlusconi è stata quella di levare risorse destinate al Mezzogiorno – che secondo la maggioranza di centrodestra non erano ben utilizzate – per trasferirle al centro-nord. E soprattutto per attuare un programma elettorale che prevedeva certi obiettivi: si stanno raggiungendo spostando i Fondi per le aree sottoutilizzate (Fas). Questo è oggettivo. In più tutti i provvedimenti che riguardano l’economia italiana, di fatto, anche se non destinate a ciò, portano a concentrare gli investimenti per la ripresa sempre al centro-nord”.
Qualche esempio?
“La cassa integrazione guadagni: riguarda per il 90 per cento il nord. Ma anche uno degli ultimi provvedimenti in discussione, l’Irpef e le tredicesime, riguarda all’80 per cento il centro-nord. Le partite Iva, poi, sono concentrate tutte in Val Padana. Quindi l’80-90 per cento delle risorse investite dal gettito dello scudo fiscale, 3,8 miliardi di euro, saranno riversate in quelle zone ed è lì che avverrà la ripresa economica. Ma così facendo a soffrirne sarà ancora il Mezzogiorno e in alcune aree, sia alla manodopera che alle risorse intellettuali, per trovare lavoro non rimarrà che trasferirsi in quelle altre zone del Paese. Sostanzialmente, la società italiana non fa ancora granché non dico per diminuire il gap tra nord e sud, ma per tenerlo stabile”.
E che cosa manca invece per tenere il passo?
“Mancano finanziamenti per le infrastrutture: l’adeguamento della strada statale 106, l’alta velocità ferroviaria che solo al sud non si fa, la Salerno-Reggio Calabria che viene finanziata a spizzichi e bocconi, il ponte sullo Stretto di Messina che non lo vogliono fare perché prima dicono che bisogna fare altro, ma non si fa nemmeno l’altro. Insomma, tutta questa situazione serve per giustificare l’inefficienza del Sud e continuare a mantenere un centro-nord produttivo di beni ed un Sud basato solo sul commercio”.
Alle imprese le risorse dovrebbe darle la nuova banca del Sud di Tremonti.
“Le banche offrono prestiti a prezzi di mercato che salgono quanto più è elevato il rischio. Se lo fanno a costi più bassi, la differenza la deve mettere qualcun altro. In questo caso, con le Poste, la copertura la dovrebbe assicurare il risparmio dei pensionati. Non credo che sia una cosa destinata a reggere per decreto. Viceversa, si dovrebbero incentivare le banche a vocazione cooperativistica che hanno nel proprio statuto il sostegno alle iniziative del territorio in cui operano. Ma se vogliamo veramente il rilancio dobbiamo invertire la tendenza dei finanziamenti pubblici”.
Ci vorrebbe una rivoluzione…
“Beh, io così mi spiego anche la ribellione che sta avvenendo in Sicilia nei vari partiti. Vedo con grande favore le iniziative che sta prendendo il Movimento per l’autonomia di Raffaele Lombardo in Sicilia. Dovrebbe avvenire anche in Calabria”.
Potrebbe essere verso quei lidi il suo approdo successivo ad Idv?
“Alla Camera io sono nel gruppo misto. In questo momento c’è un’evoluzione nella società, e quindi nella politica, molto spinto. Ci sono aggiustamenti a sinistra, nel Pd; nel centro con Rutelli, l’Mpa ed altri; nel centrodestra ed anche nel Pdl: perché Berlusconi dice una cosa e Fini un’altra. Bisogna aspettare un momento e guardare, ma certamente vedo con un interesse molto forte il fatto che si rafforzi il centro e che quindi sostanzialmente in questo centro ci siano forze meridionaliste, importanti e non clientelari. Le vedo con molta simpatia e se per caso si organizzano in partito, nulla esclude che io sia della partita per lavorare in quella direzione. Comunque, le aiuterò ad andare avanti nella direzione della valorizzazione delle forze interne, del far vedere che anche la Calabria, ad un certo punto, può fare da sola. Perché le potenzialità ci sono tutte e anche le risorse, che poi noi facciamo sfruttare ad altri…”.
Intende sempre il dirottamento di fondi verso il centro-nord?
“Appunto. Le iniziative, diciamo così, sudiste hanno senso in questo momento perché la Lega governa il Paese. Quindi ha senso una linea meridionalista contro questa linea della Lega e quindi ha senso anche la rottura che è avvenuta in Sicilia nel Popolo della libertà e anche nel Partito democratico: una grossa parte sostiene le posizioni di Raffaele Lombardo dell’Mpa. Questi movimenti politici devono essere aiutati a guidare la battaglia per il meridionalismo autoctono che si fa con le proprie forze. E non con questi palliativi…”.
Cioé?
“I palliativi che vengono fuori da questi magistrati che si mettono in politica e pensano di risolvere tutto. La magistratura poi è un settore che sta perdendo colpi e il consenso dell’opinione pubblica. Perché, parliamoci chiaro: una grossa parte della magistratura fa dei sacrifici enormi e lavora bene, poi c’è una parte della magistratura che fa politica. E questo è oggettivo. Molti magistrati poi hanno incarichi da tutte le parti. Ma quando fanno il mestiere loro? Parlo di tutti i tipi di magistrati: penali, civili e amministrativi. Anche così si spiega il fatto di avere 11 milioni di processi in corso e che durano 10 anni. Ecco perché pure questa iniziativa di Berlusconi. Se da una parte è vero che con questa legge si fa la sua difesa, però non possiamo non ammettere che se i processi durassero meno di due anni sarebbe un bene per tutti. Per me anche meno di uno. Ma non dovrebbero dire si chiude a un anno; piuttosto si chiude a uno-due anni ed i magistrati che non riescono a farlo vengono puniti. Io sono contro quei magistrati che fanno altre cose: politica, consulenze e collaudi retribuiti. Questo è il punto. E lo dico con grande rispetto per la magistratura”.
(a cura di Emilio Genovese)