La ragione d’essere dell’Itala dei Valori ha fondato la sua originalità nell’accoglimento delle culture politiche democratiche del novecento, in particolare dei filoni laico-socialista, cattolico-democratico e liberal-democratico, irradiate da una esigenza di rigore nell’esercizio della vita pubblica.
La stessa scelta di adesione all’ELDR (European Liberal Democrats) ha testimoniato la volontà di presidiare il centro dello schieramento politico italiano ed europeo, lontano da suggestioni qualunquistiche, giustizialistiche, dall’antagonismo ideologico e verboso tipico di un certo massimalismo radicale sconfitto dalla storia.
Tali ragioni fondative, cui pure l’esperienza dell’IdV nella stagione del governo Prodi era rimasta fedele, sono oggi messe in dubbio se non revocate da una pericolosa inversione di tendenza, volta ad occupare spazi politici del tutto contrastanti con una visione liberal-democratica, deprivati di visione strategica e di progetto di alleanze finalizzate a rappresentare l’alternativa alla destra, ma sospinte da un impulso volto a catturare fasce elettorali in base alla logica del puro marketing politico.
Accanto alla pericolosa deriva antagonistica, che va ben oltre l’uso di linguaggi politici forti, per assumere il valore di una vera e propria scelta di campo sottolineata dal sodalizio stipulato dal vertice del partito con Rifondazione Comunista, vi è anche la condizione di difficile agibilità democratica interna al partito, sempre più ispirato da suggestioni carismatiche, incompatibili con l’impianto democratico indicato dall’art.49 della Costituzione. Appare, dunque, di difficile conciliabilità con la professione liberal-democratica e con l’aspirazione alla rappresentanza di ceti medi, la deriva estremistica che l’IdV va attuando; così come, un’azione politica qualunquistica, slegata da una visione strategica della società italiana, appare del tutto inconciliabile con l’identità di un soggetto politico progressista e riformista, quale ha dichiarato d’essere il partito di IdV, nelle affermazioni di principio.
Noi crediamo che il compito dei riformisti sia quello di svolgere una “pedagogia democratica”, costruendo un progetto politico di alternativa che rimetta al centro la rinascita del Mezzogiorno come motore dello sviluppo nazionale, in cui gli italiani possano rispecchiarsi, un progetto capace di aprire la stagione delle grandi riforme istituzionali di cui il Paese ha bisogno, di indicare un programma sociale capace di dare risposte concrete ad una condizione di drammatica difficoltà in cui versano le famiglie italiane. A tal fine occorre indicare con chiarezza e lealtà le indispensabili alleanze con cui si intende sconfiggere la destra di governo, affrancandosi dalla monocultura delll’antiberlusconismo.
La visione liberal-democratica che ha motivato la nostra storia, pertanto, rende incompatibile la linea politica praticata dall’IdV con la sua deriva cesaristica-oligarchica ed estremistica, confermata ancora dall’iniziativa politica con Rifondazione Comunista del 5 dicembre, decisa senza neppure consultare gli organi di partito.
Non è, dunque, possibile per noi continuare ad offrire contributi ad una organizzazione che mostra di avere come fine quello di un piccolo incremento del consenso e non gli interessi generali dei cittadini e che non accetta la sana dialettica democratica.
Come riformisti continueremo a condurre le nostre battaglie progressiste nelle sedi istituzionali con le forme e le solidarietà della democrazia parlamentare.
Roma 06/11/2009
Aurelio Misiti, Pino Pisicchio