Mozione dell'On. Aurelio Misiti sulle navi dei veleni

La Camera,

premesso che:

•    il 12 settembre scorso, a largo delle coste calabresi, a 20 miglia da Cetraro e a una profondità di 500 metri, è stato individuato e filmato con un robot utilizzato dai tecnici dell’Arpacal, l’Agenzia ambientale della Regione Calabria, il relitto di una nave. La nave risulterebbe essere il “Cunsky”, mercantile contenente 120 fusti di sostanze tossiche e di fanghi radioattivi, descritto dal pentito della ‘ndrangheta, Francesco Fonti. e che lui stesso avrebbe contribuito ad affondare nel 1992;
•    il medesimo pentito, nel 2006 aveva confessato di aver fatto parte di una organizzazione pagata per far saltare in aria e inabissare ben tre navi con scorie tossiche e radioattive. “Avevamo bisogno di affondare delle navi che ci erano state commissionate” dichiarava Francesco Fonti a un magistrato antimafia;
•    la conferma ufficiale del ritrovamento del relitto a largo di Cetraro, riapre inevitabilmente una pagina oscura legata al traffico di veleni che il nostro Paese ha esportato illegalmente, interrato, nascosto e inabissato per oltre un decennio. Il pentito Fonti ha raccontato dell’affondamento di altre due navi, e di avere saputo di un’altra trentina di navi fatte sparire nelle profondità marine al largo delle coste calabresi. Ma la ricerca riguarda anche l’entroterra. Da tempo nella zona di Cetraro si parla di bidoni di sostanze pericolose sotterrati nelle colline sovrastanti il mare;
•    la cronologia di affondamenti sospetti nelle nostre acque, è a dir poco inquietante:
nel 1979 affonda la nave “Aso”, con il suo carico di 900 tonnellate di solfato ammonico, a largo di Locri;
nel 1985 affonda a largo di Ustica la nave tedesca “Koraline”;
nel 1986 affonda la nave “Mikigan” partita dal porto di Marina di Carrara e affondata nel mare calabrese con il suo carico sospetto;
nel 1987 naufraga a 20 miglia da Capo Spartivento, in Calabria, la nave “Rigel” fu affondata per disfarsi di un carico radioattivo che non riusciva a trovare destinazioni lecite;
nel 1989 si inabissa la nave maltese “Anni” affondata in Adriatico mentre si dirigeva a Ravenna;
nel 1990 la “Jolly Rosso” “spiaggia” lungo la costa di Amantea;
nel 1991, al largo di Molfetta affonda l’”Alessandro I”, una nave cisterna che da Gela sta andando a Ravenna. Al suo interno ci sono ben 3.550 tonnellate di rifiuti tossici derivati dalla lavorazione del petrolio;
nel 1993 la nave “Marco Polo” scompare nel Canale di Sicilia.
A ciò vanno aggiunte tutte quelle navi clandestine, come la suddetta “Cunsky”, che ufficialmente non risultano naufragate;
•    il quotidiano “La Repubblica” del 13 settembre u.s., riportava come in Calabria attorno al torrente Oliva, nel comune di Serra d’Aiello, comune limitrofo a quello di Amantea, dove potrebbero essere finiti appunti i veleni caricato sulla nave “Jolly Rosso” spiaggiata nel 1990, risultino preoccupanti picchi di tumore. E ancora il Corriere della sera del 15 settembre u.s., riporta la Relazione del dottor Giacomino Brancati, dirigente del settore prevenzione nel Dipartimento calabrese per la tutela della salute e consulente della Procura, che conferma “l’esistenza di un eccesso statisticamente significativo di mortalità nell’area del distretto sanitario di Amantea rispetto al restante territorio regionale, dal 1992 a 2001. Si parla di tumori maligni in particolare del colon, del retto, del fegato, degli organi genito-urinari e della mammella ….”;
•    nel corso della XIII legislatura, la Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti, approvava un documento sui traffici illeciti e sulle ecomafie, che disegnava un quadro inquietante sulla questione delle carrette del mare colate a picco, probabili mezzi di smaltimento di rifiuti tossici o radioattivi: 39 affondamenti sospetti di navi dal 1979 al 1995 e il forte dubbio che “non si sappia di altri, negli anni successivi, solo perché mancano indagini sulle cosiddette “navi a perdere”;
•    la medesima Commissione d’inchiesta, il 25 ottobre 2000, scriveva come ad alimentare il mercato illecito, fossero anche le industrie a rilevanza nazionale ed internazionale, comprese aziende a rilevante partecipazione di capitale pubblico. In pratica industrie che utilizzavano la rete semiclandestina delle navi a perdere per ottenere uno smaltimento al minor costo, senza alcun controllo sulla destinazione finale del rifiuto;
•    in oltre 15 anni le associazioni ambientaliste, particolarmente Legambiente, WWF e Greepeace, hanno raccolto numeroso materiale e dossier relativi agli affondamenti sospetti di navi mercantili e alle operazioni illegali di smaltimento di rifiuti pericolosi, tossici e nucleari seppelliti in fondo al mare o nelle montagne subito dietro alle coste calabresi e non solo, con rischi incalcolabili sulla salute umana, sull’ambiente e sulla biodiversità;
•    è del 1994 il primo esposto di Legambiente sui traffici illegali di rifiuti in Calabria e i dossier sulle navi dei veleni;
•    in questi anni molte indagini di magistrati che hanno faticosamente cercato di tirare le fila dei traffici illegali di rifiuti si sono fermate su un binario morto, anche e spesso in assenza di adeguate risorse finanziarie. Risulta invece indispensabile riaprire tutte le inchieste che in questi anni si sono occupati delle “navi dei veleni”;

impegna il Governo

    a favorire, nell’ambito delle proprie prerogative, l’avvio di indagini giudiziarie finalizzate ad indagare il fenomeno dei traffici illegali dei rifiuti, con particolare riferimento a quelle procure che già avevano avviato inchieste in tale direzione e in particolare sulle cosiddette “navi dei veleni”;
    a considerare quanto esposto in premessa come una vera e propria emergenza nazionale, e conseguentemente a prevedere, fin dalla legge finanziaria per il 2010, uno stanziamento straordinario pluriennale di risorse finanziarie finalizzato:
a) ad una mappatura completa dei possibili “cimiteri radioattivi”, legati sia agli affondamenti sospetti delle navi avvenuti in questi anni, che al deposito illegale di rifiuti sul nostro territorio, vagliando e incrociando tutte le informazioni e le indicazioni sui siti interessati al fine di prevenire il rischio di fuoriuscita ed emissione nell’ambiente di sostanze tossiche e di veleni;
b)  al conseguente monitoraggio e analisi dei territori, delle coste e delle aree limitrofe ai naufragi delle navi, al fine di verificare l’esistenza di possibilii livelli anomali di inquinamento e la presenza di eventuali picchi di forme tumorali, indagando sull’eventuale contaminazione della fauna marina, al fine di escludere rischi dal punto di vista della contaminazione della rete trofica (rete alimentare marina), e della salute dei cittadini e dell’ecosistema marino e terrestre;
c)  agli interventi di bonifica e di messa in sicurezza dei siti che si rendessero necessari;
d) a dotare delle necessarie risorse umane, finanziarie e tecnologiche le procure interessate alle indagini sui traffici e sugli smaltimenti illegali dei rifiuti;
    alla creazione al tal fine di una unità di crisi, che coordini tutte le indagini e le attività di ricerca in materia, con il coinvolgimento della procura nazionale antimafia, nonché con il supporto ineludibile dell’Ispra, delle Agenzie regionali per l’ambiente, dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), e di tutti quegli organismi e professionalità indispensabili a individuare i mezzi più idonei da mettere in campo per le iniziative di misurazione in sito e gli eventuali conseguenti interventi di bonifica. A tal fine impegnandosi ad utilizzare il personale esperto e già assunto con forme di contratto a tempo determinato presso gli Istituti operanti nel settore della protezione ambientale e della ricerca;
    ad attivarsi nei confronti i nostri partner europei per una efficace intensificazione delle politiche di contrasto ai traffici internazionali illegali dei rifiuti, e per avviare un monitoraggio con riferimento a tutto il bacino del Mediterraneo.



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