Ponte sullo Stretto, un triplice salto di scala poco convincente.

Nota degli ingegneri Aurelio Misiti, Fabio Casciati e Giovanni Saccà

Giorni addietro, alla Facoltà di Ingegneria de La Sapienza, nella sala di Michelangelo, i professori
Remo Calzona e Franco Purini sono stati protagonisti di uno straordinario dialogo su “Progettare e
costruire, dall’antichità persiana all’epoca contemporanea”. Lo spunto storico è servito per una
ricostruzione tra l’autore del libro e il noto architetto sul significato del costruire e in particolare qual
è il suo fine e quali i contenuti nell’orizzonte dell’oggi: se utilitas, firmitas, venustas, i tre aspetti che
Vitruvio indicava come fondamentali nel concepire un’opera, siano ancora la cifra del progettare
contemporaneo. Utilità dell’opera, resistenza strutturale e bellezza cui occorrerebbe aggiungere
durabilità e sicurezza.
L’analisi ha spaziato sulle progettazioni attuali e, naturalmente, ha incluso il Ponte sullo Stretto di
Messina tema su cui riteniamo di dover partecipare alcune considerazioni.
Al lodevole e trascinante dialogo sull’arte del costruire, dedichiamo in calce un riepilogo. Qui
vogliamo soffermarci sull’opera di cui si parla da un secolo e che da 50 anni viene indicata come
prossima a partire, seppur tra alterne vicende con start e stop che hanno acceso o spento gli
entusiasmi.
Nel dibattito tra cattedratici a Roma è emerso che, per i ponti stradali-ferroviari, l’esperienza
acquisita, in ossequio al sempre valido principio galileiano dello sperimentare, suggerisce di non
spingersi oltre i 1500-1600 metri di luce unica. In particolare, il professor Fabio Casciati,
dell’Università di Pavia e oggi docente dell’Università di Zehjiang ad Hangzhou in Cina, ha ricordato
quali siano le caratteristiche dei ponti sospesi, costruiti come ponti stradali, stradali-ferroviari e
ferroviari soltanto. Mentre quelli stradali hanno ormai raggiunto dimensioni di 2000 mt nella
campata maggiore, i ponti ferroviari si sono fermati a campate principali di lunghezza massima di
1408 mt. Ciò perché i ponti sospesi essendo posti in aria, soggetti a venti molto forti, possono far
deragliare i treni, specialmente quelli destinati all’alta velocità. In Cina, dove si sono realizzati negli
ultimi 20 anni circa 20 ponti sospesi, si sta realizzando nella provincia dello Zhejiang il ponte
autostradale e ferroviario Xihoumen, di campata massima lunga 1488 mt, che quando verrà ultimato
nel 2026 stabilirà il nuovo record mondiale di categoria.
Ovvio il fatto che molti progetti di ponti sospesi ferroviari o misti ferroviari-stradali di lunghezze
superiori a quella ritenuta realistica progettata dai cinesi, sono stati abbandonati. I tentativi di
inserire linee ferroviarie sul ponte giapponese di Akashi non si sono realizzati per i pericoli citati,
dovuti principalmente all’azione dei venti.
Il prof. Aurelio Misiti ha evidenziato altresì come sia necessario più che mai ricorrere alle strutture
di controllo italiane (Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici e Commissione di valutazione di impatto
ambientale VIA) prima di accreditare un’opera di tale impatto, così da scongiurare l’inevitabile
impressione negativa dell’Italia sul piano internazionale che altrimenti ne deriverebbe. È necessario
ricorrere alla scienza di Galileo, più che mai valida nel XXI secolo. La teoria, affermava il più grande
scienziato italiano del Rinascimento, basata sulla matematica rigorosa può trattare qualunque opera
di grandi dimensioni, ma se l’opera prevista teoricamente non può essere confrontata con una già
realizzata e quindi verificata, quella teoria va abbandonata. Gli anglosassoni in passato hanno
talvolta disatteso questa cautela e si sono trovati in difficoltà, avendo fatto il passo più lungo della
gamba: molti crolli di ponti sono dovuti al fatto che i progettisti non hanno seguito la scienza
galileiana.
Infine, l’ing. Giovanni Saccà, ha sottolineato il fatto che il sistema ferroviario italiano è sottoposto al
controllo dell’Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie e delle Infrastrutture Stradali e
Autostradali (ANSFISA), incaricata delle verifiche relative al rispetto delle Specifiche Tecniche di
Interoperabilità (STI) e della sicurezza stradale e ferroviaria, ma per il ponte sullo Stretto non risulta
ancora il ricorso a tale organo indispensabile soprattutto per la parte ferroviaria del progetto.
Dunque, anche un preliminare avallo alla progettazione dovrebbe tornare condizionante prima di
cimentarsi in iperbolici tracciati che, triplicando i dati oggi plausibili, fanno ritenere improbabile e
azzardato il salto di scala ipotizzato.
Il dialogo Calzona-Purini sull’arte del costruire – Il libro di Remo Calzona intitolato “Progettare e
Costruire dall’antichità persiana all’epoca contemporanea” è stato al centro del dialogo tra l’autore
e l’esimio architetto professor Franco Purini, il quale ha posto domande molto pertinenti a
cominciare dal significato del costruire e in particolare qual è il suo fine e quali sono i contenuti se
questi sono evidenti o impliciti. La risposta: nella storia dell’umanità il costruire è stato il primo segno
che identificava la società. Esso ha spinto gli esseri umani a stare insieme in una comunità. Dalle
grotte, un riparo naturale, gli esseri umani hanno dato vita ad un involucro artificiale “la capanna e
la tenda” fatto a misura delle loro attività e dei loro bisogni. Più la società si evolveva, più l’abitare
primitivo diventava complesso.
Chiede Purini: se il costruire, oltre a rispondere a problemi funzionali, abbia anche altri valori, che
non si percepiscono guardando un manufatto ma sono identificabili con una visione più profonda.
La società inizia il suo ruolo nel momento in cui la costruzione non è solo un riparo ma risponde a
esigenze sociali e politiche. Il dialogo continua ricordando quello che era il significato
dell’architettura nell’antichità. Per Marco Vitruvio Pollione l’architettura aveva tre aspetti: l’utilitas,
la firmitas e la venustas. Cioè l’utilità dell’opera, la resistenza strutturale e la sua bellezza. Vitruvio
ha scritto un trattato “De Architettura “dedicato ad Augusto, ritenuto valido fino al 1450 quando
Leon Battista Alberti aggiorna il libro del legionario di Cesare, scrivendo ” De re edificatoria”.
Mancava a Vitruvio ma anche al grande L. B. Alberti ciò che le norme tecniche della nostra epoca
prevedono: durabilità e sicurezza. Il fenomeno nuovo del decadimento a fatica dei materiali a causa
dei cicli di carico ripetuti.
Purini domanda se ci sia un rapporto tra la bellezza e la dimensione spirituale del costruire e se la
bellezza introduce a un livello superiore del costruire. L’autore ritiene che le costruzioni tipo i ponti
romani sono anche spirituali perché c’è in loro una professione che i contenuti funzionali, costruttivi,
estetici ed etici provengono proprio dalla sfera dello spirito, tanto è vero che i papi venivano indicati
come pontefici. Si continua con domande e risposte culturalmente elevate. Si distingue attualmente
tra tecnica e tecnologia, essendo quest’ultima secondo Calzona l’insieme dei problemi costruttivi in
termini più ampi di quelli del fare tecnico. La tecnologia è un aspetto del mondo industriale, è l’esito
di una continua ripetizione del produrre che riguarda l’intera sfera dell’atto costruttivo organizzato
in codici prima che esso sia concretamente espresso. L’industria produce migliaia di elementi da
utilizzare in varie attività costruttive diluite per tecnologie precise in un ordinamento articolato in
numerosi settori; in definitiva si potrebbe dire che la tecnologia indica l’intero sistema del costruire
mentre la tecnica riguarda la singola operazione che ha come risultato un’opera.
Dice Purini la tecnica avanzando arriva a diventare tecnologia. Risponde Calzona: ho individuato tre
livelli di contenuto; il primo livello è la scienza ossia la conoscenza dei fenomeni fisici delle regole sia
elementari sia complesse, che nel tempo si sono consolidate nell’architettura. Il secondo livello è
proprio la tecnica cioè l’essere consapevoli dei modi di mettere assieme in una continuità temporale
le regole costruttive. Il terzo livello è invece l’atto tecnico all’interno di una concezione e il più
possibile totale del mondo industriale rendendolo così, anche se solo nel pensiero, un atto ripetitivo.
La rivalutazione del costruire nel XX secolo ha dato un contenuto più ampio e profondo alla tecnica
trasformandola in tecnologia. Purini cita Le Corbusier, il grande fondatore dell’architettura del
Novecento, che definiva il carattere più complesso ed elevato delle opere costruite con l’aggettivo
indicibile: cioè vi sono ambiti superiori nell’architettura misteriosi, profondi che non si comprendono
ma che si propongono di constatare la loro presenza. I due professori applicano questi concetti a casi
pratici e in particolare ai ponti e ai serbatoi costruiti e progettati dallo stesso autore del libro.
Naturalmente non può non essere toccato l’argomento del progetto per il ponte sullo stretto di
Messina rispetto al quale esiste tuttora un aperto dibattito su come dovrà essere costruito e Purini
coglie l’occasione per dire che le opere realizzate dal suo interlocutore sono di un ingegnere artista
che si nutre di umanesimo e rinascimento.
* prof. ing. Aurelio Misiti, già Presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici
* prof. ing. Fabio Casciati, già ordinario di Scienza delle Costruzioni presso l’Università di Pavia oggi
docente l’Università di Zhejiang nella città di Hangzhou in Cina.
* dott. ing. Giovanni Saccà, già Dirigente del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane e Preside CIFI,
Sezione di Verona

 

Crollo del ponte di Baltimora. Commento del prof. Aurelio Misiti, già Presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici.

Da l’ecodelsud.it – 26/03/2024

“Il ponte di Baltimora su un fiume navigabile, fu costruito nel 1977 in ferro, con una campata massima di 345 metri.
Ben diversi sono i ponti Akashi e quello turco dei Dardanelli , costruiti sugli stretti marini, aventi campata principale di circa 2000 metri.
In questi casi, come pure negli altri ponti simili, la navigabilità è autorizzata solo al centro della campata in un tratto di circa 300 metri. Inoltre, qualora ci fosse una nave in avaria che non è più governabile dai piloti, se si avvicinasse all’area di base dei pilastri si scontrerebbe
con i cassoni di acciaio ripieni di calcestruzzo, di diametro 80 metri, fissati sul fondo marino a protezione dei pilastri posti al centro del cassone.
In altri termini, se un autoveicolo perde il controllo su un ponte in autostrada va a sbattere sul guardrail, che se è realizzato bene impedisce la caduta nel fiume; così se si perde il controllo di una nave e va a sbattere sul cassone protettivo del pilastro, la nave subirà danni ma il ponte resterà intatto.

I grandi ponti devono avere una grande attenzione alla sicurezza, per evitare tragedie; le costruzioni del passato non sempre hanno garantito la massima sicurezza”

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Ponte sullo Stretto, parla Aurelio Misiti già presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici

Ponte sullo Stretto, parla Misiti: le raccomandazioni del Cs vanno inserite nel progetto definitivo, non rinviate a quello esecutivo

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Intervista del prof. Aurelio Misiti al settimanale “GIALLO” su USTICA: “AD ABBATTERE L’AEREO FU UN ORDIGNO PIAZZATO NEL BAGNO”.

 

 

 

 

 

 

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Ustica, la testimonianza del Prof. Misiti: «fu una bomba ad abbattere l’aereo»

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Aurelio Misiti sul collegamento Reggio Calabria-Messina: Sostenibilità e Fattibilità

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Incontro operativo su: Progetto di Sistema per il Sud e Ponte sullo Stretto

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Il ponte sbagliato

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Il ministro Musumeci a Milazzo. “Il Ponte ostaggio delle ideologie. Ecco perché adesso deve essere realizzato”

Voce di Sicilia 

05/03/2023

Il ministro Musumeci

 a Milazzo. “Il Ponte ostaggio delle ideologie. Ecco perché adesso deve essere realizzato”

E’ giunto nel pomeriggio di oggi a Milazzo il ministro per la Protezione civile e le politiche del mare Nello Musumeci. Il Ministro accolto dal Sindaco di Milazzo Pippo Midili, ha partecipato ad un evento del Kiwanis di Milazzo dal titolo “Il ruolo della Sicilia nel Mediterraneo”. L’evento si è tenuto presso il Teatro “Trifiletti” di Milazzo ed è stato coordinato dal socio del club mamertino, Ant

onio Lanuzza. Il convegno si è aperto con i saluti sindaco Pippo Midili, del presidente del Comitato past governatori, Nicola Russo e del presidente del Kiwanis, Giovanni Bottari. Ha moderato l’intervento dei relatori il past president Federazione europea Kiwanis, Gianfilippo Muscianisi. Presenti al convegno l’onorevole Pino Galluzzo, deputato regionale, ed il prof. Domenico Venuti nella qualità di Consigliere Nazionale con competenza regione Sicilia dell’Associazione Nazionale del Fante, riconosciuta dal Ministero Difesa.

Relatori sono stati il presidente dell’associazione “Europa Mediterraneo”, Cosimo Inferrera (“La Sicilia è nella rete portuale del Mediterraneo?”); il presidente veterano del Consiglio superiore dei lavori pubblici, Aurelio Misiti (“Il Ponte sullo Stretto, priorità strategica. Stato dell’arte”), il dottor Francesco Attaguile, già sindaco di Catania (“La road map delle infrastrutture portuali in Sicilia”) e il prof. Adriano Giannolla, ordinario economia all’Università Federico II di Napoli. Ha chiuso i lavori il Ministro Nello Musumeci.

IL PONTE OSTAGGIO DELLE IDEOLOGIE

“Il Ponte sullo Stretto è sempre stato ostaggio delle ideologie” ha detto il Ministro Musumeci, “per vicende politiche regionali risalenti alla presidenza della Regione detenuta da Crocetta, e che vedeva me all’opposizione, il progetto del ponte divenne ‘di destra’, avversato, invece, dalla sinistra. Ma il ponte non è né di destra, né di sinistra: è una necessità. E non può essere avversato sostenendo che ‘prima bisogna fare le strade che mancano in Sicilia’. Le strade provinciali, quelle statali e le autostrade, così come le ferrovie, non sono mai state di competenza della Regione. Se finora non sono state potenziate, se ancora oggi la ferrovia siciliana, come quella del Sud d’Italia non consente ai treni ad alta velocità di viaggiare allo stesso modo di come viaggiano da Salerno in su, lo dobbiamo al fatto che nessuno a Roma si è interessato a far diventare obiettivi concreti i temi della legge obiettivo del 2001/2002. Ma questo non vuol dire che strade e ferrovie siciliane non possano essere rimodernate contestualmente con la costruzione del ponte”.

IL PONTE E GLI EVENTI SISMICI

“Ai politici spetta il compito di dare l’indirizzo, ai tecnici di realizzare quanto la politica indica. Nessuno può ancora dire che il ponte sullo stretto non può realizzarsi perché sussiste il rischio sismico. Anche un geometra appena diplomato sa che il principio di elasticità è in grado di ovviare a questo problema e che esistono ponti al mondo costruiti in zone ben più pericolose in termini di possibili terremoti. E che vi sono strutture simili al ponte sullo Stretto che hanno resistito ad eventi sismici di notevole intensità” ha detto ancora Musumeci.

ECCO PERCHE’ IL PONTE DEVE ESSERE COSTRUITO

L’INSURALITA’

“E allora ecco perché il Ponte sullo Stretto deve essere costruito: in primo luogo per il riconosciuto principio dell’insularità. Un fatto che costa circa 6 miliardi di euro l’anno. Un costo che con il ponte e con la libera e veloce circolazione di treni e trasporti può essere pressocché cancellato, sicuramente ridotto. La Sicilia, che è chiamata ad un ruolo centrale nel Mediterraneo, ha, insomma, bisogno di non fermare i camion per tre ore e i treni per due ore sulla sponda della Calabria. Ha bisogno di muovere le persone e le merci velocemente tra le due sponde.

IL CAMBIAMENTO CULTURALE

A quella parte di noi siciliani a cui piace essere isola, bisogna dire che un ponte non fa venire meno il principio romantico dell’insularità. Noi siciliani dobbiamo avere un approccio culturale diverso con il nostro presente e con il nostro futuro per non continuare a restare marginali. Insomma basta rassegnazione, fatalismo, individualismo, spirito anarcoide, basta affidare al fato ogni nostra azione. Mentre i nostri ragazzi partono per andare all’estero, dobbiamo decidere noi il nostro futuro.

IL MEDITERRANEO E’ CAMBIATO

Altro tema importante è che il Mediterraneo cambia: non è più quello di trent’anni fa. Oggi il confronto non è più Est/Ovest, ma Nord/Sud, offrendo nuove prospettive. L’unica a non essersene accorta è l’Europa mentre l’Africa cambia. E fra 10 anni sarà una potenza concorrente con l’Europa, perché l’Africa è diventata terra di conquista di Cina e Russia. Ma se c’è un continente che debba sentirsi proiettato verso l’Africa è proprio l’Europa. Il Ponte, in un Mediterraneo che cambia, consente alla Sicilia di diventare hub per l’Europa. E’ la Sicilia che si accredita come naturale pontile d’Europa verso l’Africa. Insomma l’Italia conta nel mondo se conta nel Mediterraneo”.

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Intervista al Prof. Aurelio Misiti già Viceministro alle Infrastrutture e Trasporti

Misiti: “Troppi parlano del Ponte sullo Stretto ma la scelta spetta agli esperti veri”

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